La fibromialgia lascia spesso più domande che risposte. Non sempre si trova un medico disposto ad ascoltare, non sempre ci si sente libere di chiedere. Per questo nasce questa FibroFAQ: uno spazio in cui raccogliere i dubbi più comuni, con risposte semplici e umane, senza filtri tecnici né giudizi.


La fibromialgia è una malattia immaginaria?

No. La fibromialgia è riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1992. Non è un’invenzione, né “solo stress”. È una condizione complessa che riguarda il modo in cui il sistema nervoso elabora il dolore. Il fatto che non lasci tracce in esami del sangue o radiografie non la rende meno reale.


Perché ci vuole così tanto tempo per ricevere una diagnosi?

Perché non esistono test specifici. La diagnosi arriva per esclusione: bisogna escludere altre malattie simili e valutare la presenza di sintomi tipici (dolore diffuso, stanchezza persistente, disturbi cognitivi e del sonno). Il percorso è lungo, ma non significa che non valga: arrivare a un nome, per molte, è già un sollievo.


La fibromialgia è ereditaria?

Non si può parlare di ereditarietà diretta. Esiste però una predisposizione familiare: chi ha parenti di primo grado con fibromialgia può avere maggiori probabilità di svilupparla. Questo non significa che sia “scritta nel DNA”, ma che fattori genetici e ambientali insieme possono influire.


La fibromialgia peggiora con il tempo?

Non è una malattia degenerativa: non distrugge articolazioni, muscoli o organi. I sintomi possono variare, con fasi più leggere e altre più intense (flare). Non “consuma” il corpo, ma può stancare la mente e il cuore. Conoscere i propri limiti, ascoltare i segnali e adottare strategie di autogestione può aiutare a convivere meglio con la condizione.


Posso lavorare con la fibromialgia?

Dipende dal tipo di lavoro, dalla gravità dei sintomi e dal supporto ricevuto. Molte persone continuano a lavorare, magari adattando orari e modalità. Altre si trovano costrette a ridurre il carico. Parlare con il datore di lavoro, spiegare senza vergogna e chiedere piccoli accomodamenti può fare la differenza. Non esiste una regola unica, ma non sei sola in questo bivio.


L’attività fisica aiuta o peggiora?

Il movimento dolce (camminate lente, stretching, yoga, nuoto leggero) è spesso consigliato perché mantiene attivi i muscoli senza sovraccaricarli. Non è una gara: si parte da poco, si ascolta il corpo e si procede con gradualità. Forzarsi con allenamenti intensi, invece, può aggravare i sintomi.


C’è una cura definitiva?

Ad oggi no. Non esiste una pillola che “spegna” la fibromialgia. Ma esistono approcci combinati che aiutano: terapie farmacologiche mirate, fisioterapia, supporto psicologico, tecniche di rilassamento, attività fisica adattata. Non si guarisce nel senso tradizionale, ma si può imparare a convivere riducendo l’impatto sulla quotidianità.


La fibromialgia è “tutta nella testa”?

Questa è una delle frasi più dolorose da sentire. No, la fibromialgia non è un problema immaginario né psichiatrico. È una condizione che coinvolge il sistema nervoso centrale e il modo in cui processa il dolore. La mente può influenzare il corpo (e viceversa), ma non si tratta di “autosuggestione”. Riconoscerla significa restituire dignità a chi soffre.


Dove posso trovare supporto?

Oltre al medico, avere una rete fa la differenza: community online curate, gruppi di ascolto, associazioni dedicate, spazi come Spazio Viola, nati per parlare senza paura di giudizi. Non serve fare tutto da sole: condividere alleggerisce, anche nei giorni peggiori.


Conclusione

Queste domande non chiudono il cerchio, lo aprono. La fibromialgia non ha un manuale di istruzioni, ma avere risposte chiare aiuta a sentirsi meno invisibili. Se hai altri dubbi, sappi che non sono “banali”: sono pezzi di un vissuto che merita spazio e voce. E questo spazio, qui, è anche tuo.